Un siciliano diverso: Peppino Impastato.
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Un siciliano diverso: Peppino Impastato.
Giuseppe Impastato, che si faceva chiamare Peppino, nasce il 5 gennaio 1948 in un piccolo paesino della provincia di Palermo: Cinisi. Sin da piccolo inizia a capire che c’è qualcosa di strano nella vita del suo borgo: ci sono persone alle quali si deve rispetto assoluto, in tutto e per tutto, e con le quali non si può discutere. Questo perché il padre di Peppino, Luigi, è legato alla famiglia mafiosa guidata da Gaetano Badalamenti, suo cugino.
Don Tano, così è noto nell’ambiente il boss, è infatti il diretto successore dello zio di Peppino, Cesare Manzella, che viene fatto esplodere nella sua auto imbottita di tritolo. L’educazione civile di Peppino comincia con l’amicizia che lo lega a un pittore locale, Stefano Venuti, il quale lo inizia ai principi e ai valori del comunismo, di cui è attivo sostenitore, facendo parte del partito comunista siciliano.
Anni dopo, Peppino è diventato un’attivista impegnato in tante battaglie politiche: ha superato i vent’anni e protesta contro l’esproprio di alcuni terreni per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Punta Raisi, insieme ai suoi compagni del partito comunista. In questa fase storica Peppino prende anche le distanze dalla propria famiglia, imparentata con la mafia, fino a litigare furiosamente con il padre che lo butta fuori da casa dopo che il figlio ha iniziato la sua campagna anti mafiosa, creando una libera stazione radio chiamata “Radio Aut”.
A causa di ciò, il padre Luigi va in America perché non riesce più a gestire la situazione; tuttavia, l’uomo muore ammazzato in un incidente stradale, forse una vendetta del boss Badalamenti. Al funerale Peppino si rifiuta di rendere omaggio agli amici mafiosi del padre e questa offesa, insieme alla sua decisione di candidarsi alle elezioni politiche, fa sì che la mafia decida di eliminarlo. Una notte alcuni uomini lo rapiscono, lo torturano e lo legano ai binari del treno e lo fanno saltare in aria con del tritolo. I carabinieri, però, considerano il caso un suicidio, quando tutti gli indizi fanno pensare a un omicidio. Solo nel 1997, ovvero quasi 20 anni dopo la morte di Peppino, le indagini verranno riaperte e Gaetano Badalamenti verrà condannato all’ergastolo come mandante.
Questo film fa capire molte cose. La prima è quella che la mafia è esistita da sempre, non solo in Sicilia ma anche in altre parti del mondo. La seconda è che la mafia anche parzialmente può essere sconfitta. La terza è che l’unione fa la forza. Peppino senza i suoi amici non sarebbe mai arrivato al punto in cui era arrivato.
Le frasi che mi hanno colpito maggiormente: “tu si nuddru ammiscato cu nenti”, questa frase detta da don Tano rivolta a Peppino non ha fatto che accrescere la forza del giovane di Cinisi e lo ha fatto continuare a combattere contro la mafia; “la mafia è una montagna di m….”, con questa frase, detta da Peppino, si vuole sottolineare che la mafia è una cosa molto brutta, cattiva e che non porta a niente di buono; Peppino: “per farsi sentire bisogna fare la voce grossa” e il suo amico “chi fa la voce grossa fa capire che sta male”, con questa frase detta da Peppino, dopo la fine di una trasmissione di Radio Aut, si vuole significare che quando qualcuno sta male, anche se non si vuol fare capire, non serve andarsi a nascondere ma si deve parlare e non bisogna avere paura.
Sara Spoto 3^ A
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